Si può puntare più in alto di così?
Arriva un momento in cui le parole non bastano per spiegare l’amarezza e la delusione che un’interista ha in volto al termine di una partita. Spesso si trovano delle giustificazioni, o meglio ancora, ci si ricrede perché il tifoso ha pazienza e cerca in ogni caso di riservare un po’ di fiducia per il futuro. Malgrado le promesse e l’oneroso investimento sul mercato, anche questo campionato finisce in anticipo. Altro che un semplice equivoco o incidente di percorso, possiamo dire che questa stagione sia stata un vero fallimento. E per favore, non azzardatevi a dire ad un interista che questo doveva essere l’anno zero per la nuova proprietà cinese perché ormai questa indegna giustificazione è diventata una cantilena insopportabile. A differenza degli ultimi anni, in questa stagione ci sono state opportunità concrete per raggiungere il podio e per costruire qualcosa di concreto per il futuro, eppure non siamo stati in grado di coglierle. Talvolta ci chiediamo se sull’Inter si sia abbattuta una strana maledizione, ma con un po’ di razionalità ci accorgiamo che sono stati commessi errori ad opera della stessa matrice, come una macchina difettosa che continua ad emettere gli stessi numeri, nonostante i vari tentativi di riparazione.
Si può puntare più in alto di così?
Sì, magari con un assetto societario più stabile e trasparente in quanto non è accettabile che il socio uscente, nonché Erick Thohir, abbia deciso e convinto tutti di puntare su Frank de Boer dopo l’incomprensibile risoluzione contrattuale con Roberto Mancini nel mese di agosto. Sia ben chiaro che l’olandese ha tutte le capacità per poter sedere sulla panchina dell’Inter, ma a patto che sia messo in condizioni di poter proporre la sua filosofia di gioco e che gli venga concesso il giusto tempo per poter ottenere risultati. È stata la scelta più immatura che si potesse fare a dimostrazione del triste, e quasi prevedibile, epilogo a distanza di 3 mesi dal suo arrivo a Milano. In un momento così delicato sarebbe stato più giusto anticipare l’arrivo di Stefano Pioli con lo scopo di “normalizzare” la squadra e guadagnare tempo per poter decidere con calma quale sarebbe stata la prossima mossa. Sembrava troppo bello per essere vero ma nonostante il buon avvio e gli incoraggianti risultati all’inizio del 2017, anche l’ex allenatore della Lazio ha steccato poco prima del termine del campionato. Come si spiega una tale inversione di tendenza? sarà che anche lui ha commesso qualche errore, sarà che la squadra ha mollato psicologicamente dopo un estenuante rincorsa o sarà semplicemente che la maggior parte dei giocatori è mediocre. La verità è che le motivazioni sono molteplici e che i responsabili di questo disastro sono tanti; ma a pagarne le conseguenze sono quasi sempre gli allenatori. Per l’appunto ieri notte abbiamo salutato anche Pioli, il terzo in meno di un anno. Questo è il risultato di una catena di errori che, uno dopo l’altro come nel gioco del domino, si ripercuotono sulla prossima scelta producendo così stagioni calcistiche da dimenticare.
Talvolta responsabile è senza ombra di dubbio la dirigenza sportiva che dal 2011 ha fatto cilecca su tutti i fronti: allenatori non pronti per una piazza così importante, giocatori sopravvalutati e investimenti sbagliati. A fine 2013 abbiamo assistito al passaggio di proprietà del club da Moratti a Erick Thohir e proprio nel 2014 Il primo a pagarne le conseguenze è stato il ds Marco Branca, prontamente sostituito da Piero Ausilio, suo ex collega nella dirigenza dello Spezia. Ad oggi qualche cambiamento c’è stato grazie all’oneroso mercato dell’estate 2016 ma pur cambiando la formula, il risultato resta invariato con l’aggravante di aver speso tantissimo rispetto agli anni precedenti. Per giunta in dirigenza sono convinti che questa squadra sia difficilmente migliorabile e che non abbiamo giocatori delle squadre avversarie da invidiare; i commenti sono abbastanza futili. Data la situazione siamo sicuri che insistere e accanirsi su qualcosa di rotto o difettoso non può portare a risultati migliori, dunque il Suning dovrebbe sfruttare questa pessima situazione in un’opportunità per fare tabula rasa all’interno del club. Da qualche anno ribadiamo la nostra perplessità nell’area tecnica in cui mancano figure di riferimento autoritarie e di uomini che masticano calcio. È il momento di porre fiducia a professionisti dalle grandi capacità come Lele Oriali o Leonardo, entrambi ex molto suscettibili al ritorno di fiamma.
Si può puntare più in alto di così?
Sì, magari con un allenatore vincente e carismatico, in grado di rivitalizzare un intero ambiente. Dal 2011 si sono seduti sulla panchina nerazzurra otto allenatori diversi, in media più di uno all’anno e senza aver alzato neanche un trofeo. Tra scelte errate, scommesse e piani b, nessun tecnico è stato realmente sostenuto dalla società sotto ogni fronte, persino Mancini che ha mollato il timone per la confusione e la disorganizzazione del club. Non per ultimo Stefano Pioli che nonostante abbia ottenuto il benestare della dirigenza italiana, non ha però convinto il Suning il quale ha deciso di esonerarlo senza pensarci ulteriormente. In una situazione così problematica urge l’intervento di un allenatore pragmatico e con le idee chiare, pronto a stravolgere ogni fronte, dalle scelte di mercato alla lunghezza dei ciuffi d’erba sul prato della pinetina. Ora più che mai abbiamo bisogno di un trascinatore che sappia prendere per mano la squadra e condurla al traguardo; ammesso che la dirigenza dia carta bianca e si metta a totale disposizione. Le strade migliori che la società può intraprendere in questo momento, portano a Antonio Conte e Simeone. L’ex tecnico della Juventus rappresenta il perfetto connubio tra bel gioco e mentalità vincente per un club alla ricerca di riscatto; tra l’altro potrebbe formare un ottimo binomio con il possibile arrivo di Oriali, tra l’altro, fortemente voluto da Conte come responsabile tecnico della Nazionale Italiana. E poi c’è un altro interista, el cholo Simeone che, nonostante non impartisca gran gioco alle sue squadre, è l’ideale per risvegliare una squadra di morti riuscendo ad accendere un fuoco indomabile negli occhi dei giocatori.
Si può puntare più in alto di così?
Sì, magari alzando il tasso tecnico della squadra attraverso un mercato intelligente che possa stabilire il giusto equilibrio in una squadra colma di lacune. Attualmente pochi meritano di vestire la maglia nerazzurra per bagaglio tecnico e per mentalità ma in dirigenza pare ci sia uno standard di “buon giocatore” molto particolare, probabilmente più basso rispetto al nostro che, quasi sicuramente, non implica una sopravvalutazione tecnica della rosa. Indubbiamente abbiamo a disposizione dei giocatori validi che compongono solo 5/11 della line-up titolare ma è noto a tutti che nel calcio si gioca in 11 e come una vera squadra. La difesa è il reparto più in emergenza dove è necessario inserire un centrale davvero forte da affiancare a Miranda mentre le fasce sono completamente da rifare data la mediocrità delle scelte; il lato positivo è che Handanovic non ha bisogno di essere sostituito, per nostra fortuna. A centrocampo si può puntare su Gagliardini a patto che arrivi almeno un giocatore con grande esperienza dal quale l’ex atalantino possa apprendere, a prescindere dal modulo utilizzato. Più importante è valorizzare Joao Mario al quale è doveroso trovare una giusta collocazione per non sprecare il suo talento. Non dimentichiamoci di Banega, giocatore molto tecnico e dotato di una buona visione di gioco, che può essere introdotto in contesti diversi cioè da mezzala o più avanzato come trequartista. In attacco bisogna trovare un gemello di Perisic, se non più forte, per poter aumentare le chance gol di Icardi, purtroppo unica e sola punta in un reparto composto per di più da doppioni. L’incognita resta Gabigol sul quale si prenderà una decisione in base alle scelte del prossimo allenatore. Onde evitare incomprensioni, sia ben chiaro che nessun giocatore dovrebbe essere considerato incedibile, sopratutto dinanzi ad un’offerta faraonica.